Il mestiere di organizzare concerti, nell’epoca dei social media, sta diventando sempre più difficile e rende praticamente impossibile uscire “vincitori” da qualsiasi esperienza. Sembra ormai quasi inevitabile andare incontro a polemiche di ogni tipo, dalla scelta della location all’organizzazione dell’evento fino alla setlist degli artisti, e un evento tragico come l’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna ha reso ancora più complesso e delicato l’arrivo di Bruce Springsteen nella città di Ferrara, scatenando inoltre opinioni e commenti legati alla morale e alle scelte artistiche. La musica doveva fermarsi? C’è stato veramente uno spreco di risorse che avrebbero potuto essere usate per aiutare in difficoltà? Si è trattato di una mancanza di rispetto non annullare un concerto atteso da migliaia di persone dopo le morti avvenute? Sono tutte domande valide, ma che spesso mettono in secondo piano il numero di persone che lavorano dietro le quinte per organizzare un tour e l’impatto economico sulla società che ha l’arrivo di una star della musica. Nonostante gli insulti e gli attacchi, il Boss è arrivato a Ferrara in un parco in cui l’organizzazione ha fatto di tutto per limitare i disagi causati dalla gran quantità di pioggia caduta nell’area in precedenza. Il fango c’era, le code a tratti sembravano interminabili, le consuete attese per uscire al termine della serata di grande musica non sono mancate, gli intoppi sono innegabili, ma chiunque abbia vissuto in precedenza esperienze di musica dal vivo in nazioni in cui il sole non è una costante garantita, sa che si tratta di elementi inevitabili. A posteriori le critiche a Claudio Trotta e alla Barley Arts realmente valide sono forse quelle legate a una mancata comunicazione più precisa su quanto accaduto a Springsteen e al suo team perché, nonostante nel concerto le riflessioni sulla morte e sul destino siano un elemento centrale e significativo, una parola in più da parte sua sul palco avrebbe forse smorzato le polemiche.
Mettendo in secondo piano i possibili giudizi morali sulla decisione di procedere regolarmente con il concerto, che dovrebbero essere personali e legati alle convinzioni individuali, quella che è andata in scena a Ferrara è stata una giornata di grande musica.

A salire sul palco prima di Bruce Springsteen e The E Street Band sono stati Fantastic Negrito, con il suo blues trascinante e una vocalità davvero di grande impatto, e la giovane star britannica Sam Fender, in grado di offrire una setlist convincente e una performance di buon livello nonostante l’emozione e qualche intoppo legato a una pausa prolungata dalle esibizioni live. Non è affatto sorprendente che Bruce sia rimasto ad assistere al live del cantautore e della sua band e abbia espresso il suo apprezzamento applaudendo a lato del palco: lo stile rock quasi ‘classico’, l’uso della band e i testi personali e con i riferimenti sociali sono perfettamente in linea con la filosofia e la carriera dell’icona della musica.

Quando, però, a salire sul palco è Bruce Springsteen è impossibile non rendersi conto del motivo per cui, nonostante gli anni che passano, a Ferrara sono arrivate decine di migliaia di fan da tutto il mondo. Il concerto che si è aperto sulle note di No Surrender è un riassunto perfetto di un talento artistico che ha saputo raccontare l’America in modo universale condividendo le proprie esperienze ed emozioni rendendole arte in cui tutti possono immedesimarsi e, soprattutto, in grado di coinvolgere mente e anima. L’alternarsi di racconti e brani rende il concerto di Bruce Springsteen una vera esperienza che non celebra solamente una carriera e il talento di tutti gli artisti sul palco, ma diventa anche uno spunto di riflessione sui legami e sugli eventi che ci rendono ciò che siamo umanamente. Il pubblico, davvero composto da tutte le generazioni, non sempre ha dimostrato il doveroso entusiasmo, ma la prima parte del concerto ha trascinato i fan, più o meno fedeli, con un susseguirsi di capolavori come Backstreets, Because the Night, The Rising, Badlands (che gode di una rinnovata popolarità grazie a Guardiani della Galassia Vol. 3) e Thunder Road.
L’encore che prende il via sulle note di Born in the U.S.A., nonostante la voce del Boss sia un po’ spezzata dalla stanchezza, è un crescendo di energia fino a Dancing in the Dark, prima di condurre a un epilogo struggente ed emozionante in acustico sulle note di I’ll See You In My Dreams.

Ogni concerto di Springsteen, nonostante gli anni trascorsi, lascia la sensazione di essere al cospetto di un artista che non ha definito solo un’epoca, ma l’intera storia della musica e, nonostante ogni problema o possibile polemica, non si può fare altro che sperare che Bruce continui a condividere il suo talento e le sue storie a lungo.

By B.P.

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