Resurrection

Rebecca Hall regala uno dei monologhi più intensi, disturbanti e memorabili degli ultimi anni nel film Resurrection, un interessante thriller psicologico che sfocia in atmosfere horror presentato al Sundance 2022 e destinato a far parlare di sé a lungo.

Al centro della trama c’è Margaret (Hall), che lavora per un’azienda farmaceutica e sembra particolarmente controllata e leggermente ansiosa nei confronti di quello che potrebbe accadere alla figlia diciottenne (Grace Kaufman). Margaret si occupa da sola dell’adolescente e ha una relazione con un uomo sposato (Michael Esper). La vita della donna scivola però nel panico e nella paranoia quando nota un uomo misterioso (Tim Roth), legato al suo passato.
Successivamente si scoprirà, con un monologo straziante e incredibilmente intenso, che si tratta di David, con cui ha avuto una relazione 22 anni prima e l’ha sottoposta a abusi mentali ed emotivi, oltre a essere legato alla morte del loro figlio, Benjamin. Margaret è riuscita a fuggire e rifarsi una vita, tuttavia la sua semplice apparizione la fa scivolare in un vortice di ansie e paure, mentre chi è intorno a lei inizia a preoccuparsi seriamente della sua situazione, fino a quando una rivelazione la spinge a prendere una decisione drammatica.

L’interpretazione di Rebecca Hall sostiene con efficacia una narrazione che, affidata a un’interprete meno esperta ed espressiva, avrebbe potuto scivolare persino nel ridicolo. La protagonista, invece, rende credibile ogni passaggio della storia, anche i più surreali, e l’evoluzione del personaggio, dando vita a un crescendo ben gestito dal regista Andrew Semans. Il filmmaker ha inoltre sfruttato con intelligenza la fotografia rarefatta e fredda, che amplifica ancora di più l’effetto drammatico, firmata da Wyatt Garfield e una colonna sonora firmata da Jim Williams mai invadente e ben calibrata sugli eventi portati sullo schermo.
La sceneggiatura di Semans delinea inoltre con attenzione la presenza di David, rendendo credibile la sua capacità di manipolare, la crudeltà che contraddistingue il rapporto con Margaret e il contrasto tra l’esteriorità mite e un’interiorità da sociopatico. Tim Roth appare la scelta perfetta per una parte così cruciale per la buona riuscita del progetto e le scene che lo vedono protagonista rendono credibile l’idea che una donna possa diventarne vittima e rischi di essere annientata mentalmente da una presenza così dominante nella sua vita.
L’ultimo atto della storia sembra destinato a dividere gli spettatori, tuttavia è sostenuto da una struttura narrativa ricca di sfumature che rendono Resurrection un thriller davvero riuscito sulle conseguenze di un trauma, sui danni di una relazione tossica, e sulla capacità di trovare la forza di rialzarsi e iniziare un nuovo capitolo della propria vita.

By B.P.

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