editors milano

Tornare a sentire una delle proprie band preferite dal vivo a distanza di vari anni è sempre un’esperienza che alla vigilia è accompagnata da molte aspettative. Quando si tratta degli Editors a preoccupare non è affatto il timore di rimanere delusi dalla performance, come chiunque abbia avuto modo di andare a un loro concerto sa senza ombra di dubbio, ma dalla qualità dell’acustica della location e dal pubblico.
Il Fabrique di Milano non è esattamente il sogno di chi ama la musica dal vivo, ma mentre ci si mette pazientamente in fila diventa un fattore totalmente irrilevante dopo che l’entusiasmo che accompagna ogni concerto prende il sopravvento. Nella serata autunnale nella periferia milanese due sono le cose che balzano subito all’attenzione: i gestori dei locali dall’altro lato della strada meriterebbero un applauso per la scelta di trasmettere una playlist dei grandi successi degli Editors e lo zoccolo duro dei fan, composto da chi ha già girato mezza Europa per seguire la band ed è in pole position probabilmente dalla mattina, ha sentenziato quasi in modo unanime che EBM, troppo diverso per stile e sonorità, non è un album in grado di reggere il confronto con il passato, considerando che nelle prime fila si manifesta un’evidente nostalgia per i brani proposti dai cortesi dirimpettai che sarebbero superiori sotto ogni aspetto a quanto proposto nel nuovo album e si arriva a sostenere che nelle date precedenti sia stata percepibile una mancanza di entusiasmo persino sul palco.

Mantenendo un diplomatico silenzio, alimentato anche dal rispetto per l’opinione altrui e dalla (remota) possibilità che ci sia realmente poca convinzione nei confronti del proprio nuovo materiale, rimane però la certezza che con un album uscito da poco più di un mese è praticamente impossibile che una band dal vivo abbia già trovato la formula giusta per valorizzarlo individuando la setlist più adatta, le transizioni più convincenti e un arrangiamento in grado di unire passato e presente senza troppi intoppi. L’idea che dal vivo gli Editors possano lasciare insoddisfatti, considerando i precedenti, è quasi ridicola: le performance in cui non hanno portato in vita i brani infondendo nuove sfumature, maggiore intensità, più significato, energia e potenza probabilmente si contano sulle dita di una mano. E passiamo quindi alla spinosa questione EBM che sembra aver causato qualche disappunto nei fan più fedeli. Personalmente non lo ritengo un buon album, ma un album grandioso, di quelli che tra venti anni anche i più aspri critici quasi sicuramente dovranno ricredersi e iniziare a rivalutarlo. È diverso dal passato, certo, ma risulta davvero difficile capire come questo rappresenti un difetto e non un pregio. La scelta peggiore che possa fare un artista, e sintomo negativo dello stato della creatività che lo anima, è rifugiarsi in strade già percorse, ritornare nel mondo già conosciuto, attingere al passato per dare vita a qualcosa che non potrebbe mai essere realmente nuovo. La voglia di cambiare e sperimentare non dovrebbe mai essere condannata ma, al contrario, lodata e sostenuta senza mezzi termini. Ascoltando le conversazioni nelle parte anteriore della fila sembra che uno dei problemi nei confronti di EBM sia poi legato al fatto di trovarsi di fronte a qualcosa di “meno poetico”. Escludendo il fatto che il livello dei testi, anche nei casi meno riusciti, è sempre invidiabile all’interno del panorama musicale contemporaneo, ogni espressione artistica è frutto di talmente tanti fattori che risulta davvero difficile capire quale sia il problema di un’opera forse più abrasiva che dà spazio a esigenze espressive che erano rimaste in secondo piano o inesplorate in precedenza. A prescindere dai gusti personali – che portano a considerare Silence uno dei migliori brani di sempre degli Editors, ad ascoltare in loop alcune tracce considerandole quasi catartiche e aver desiderato in più occasioni di avere un’opzione di risposta automatica nei servizi di messaggistica con la voce di Tom Smith che chieda “Where were you when I needed you?” – EBM sembra aver preso tutte le influenze musicali e il frutto del proprio lavoro compiuto in precedenza, senza rinnegarlo in nessun modo, decidendo di dissamblarlo, fonderlo in modo nuovo e trovare qualcosa di totalmente originale e personale. Chi ama le versioni precedenti degli Editors potrà ascoltarne per sempre gli album, rivederne i concerti su YouTube, magari dare più attenzione ai progetti collaterali dei suoi membri, ma ciò non toglie che EBM è un nuovo punto di partenza e davvero promettente per il futuro. Se si ama la musica, pur rispettando le opinioni contrastanti, si dovrebbe accogliere il cambiamento riconoscendone il valore anche quando la direzione sembra non andare in quella delle preferenze dell’ascoltatore.

Una volta entrati negli spazi del Fabrique, a riscaldare l’atmosfera pre concerto all’interno è stato il duo KVB con un mix convincente ipnotico al punto giusto di elettronica e punk, accompagnata da delle interessanti proiezioni video su un palco che, dal punto di vista estetico, dà veramente poche possibilità agli artisti che lo calcano e penalizzano in parte l’ottimo lavoro compiuto con le luci studiate per accompagnare gli Editors live.
Tra le due performance è stato poi offerto un mix di hit che non possono che entusiasmare, proponendo grandi classici che non dimenticano nemmeno i Depeche Mode e i R.E.M. con Losing Religion che porta a pensare quanto sia significativo che i componenti di una delle migliori rock band di sempre sia ricordata a livello universale per un brano che, pur essendo un capolavoro, non è il loro migliore e ha rappresentato uno spartiacque della loro carriera, dal punto di vista positivo e anche negativo. Come scelta per accompagnare verso l’inizio del concerto è però assolutamente perfetta e quasi un po’ ironica. Senza il successo di Out of Time i R.E.M. avrebbero forse continuato ad avere un pubblico più ristretto, ma non avrebbero dovuto affrontare i continui commenti di chi considerava quell’album l’apice della loro carriera e pietra di paragone usata per i successivi e precedenti capitoli della loro carriera che hanno, invece, regalato al mondo dei brani senza tempo e memorabili fino all’addio ufficiale.

Nell’assurda abitudine di confrontare costantemente gli artisti di generazioni diverse, gli Editors sono stati spesso paragonati ai Depeche Mode, New Order e Joy Division o persino a tratti gli Smashing Pumpkins, riferimenti più che comprensibili per quanto riguarda il lavoro in studio, ma dal vivo il confronto più calzante appare proprio quello con i R.E.M. che hanno avuto sempre la capacità di elevare le proprie canzoni portandole su nuovi livelli. La forza dei R.E.M., anche se a volte si rischia di dimenticarlo, non era solo nel carisma e nel lirismo di Michael Stipe, che sul palco si trasformava in una presenza magnetica e dava ai testi uno spessore e un significato alle volte totalmente nuovi, ma nella forza dell’insieme e nel talento versatile di ognuno dei membri, regalando una discografia che affronta con successo praticamente tutti i generi musicali. Bill Berry, Peter Buck e Mike Mills sono stati essenziali nel dare forma e personalità al gruppo e l’uscita di scena di Berry ha indubbiamente creato un vuoto percepibile. Chi ha avuto la fortuna di assistere nella propria vita a un concerto dei R.E.M. difficilmente non ha provato, almeno una volta nella vita guardando la registrazione di qualche live, il desiderio di poter rivivere quell’esperienza dal vivo, di assistere a un’esibizione che senza effetti visivi o espedienti vari sapeva trascinare ed emozionare dall’inizio alla fine e lasciare la voglia di seguire una band in tour in ogni parte del mondo.
Gli Editors condividono con i loro predecessori la stessa essenza che permette di usare le virtù dei singoli per raggiungere un risultato in cui ognuno trova il proprio posto senza venir sacrificato o messo in secondo piano. Dal vivo questa caratteristica, anche nel caso di un’acustica per certi aspetti un po’ deludente come a Milano, diventa evidente. Con una setlist che propone quasi interamente il nuovo album, con la sola eccezione di (purtroppo) Silence ed Educate, non c’è da meravigliarsi che chi non lo abbia amato possa mantenere il proprio dissenso nonostante i brani prendano letteralmente vita e vengano valorizzati creando un’atmosfera che meriterebbe spazi più prestigiosi e sembrano destinati a entusiasmare il pubblico del John Peel Stage al Glastonbury Festival.
Nonostante ci sia ancora chi rimpiange l’uscita di Chris Urbanowicz dal gruppo, la formazione composta da Tom Smith, Russell Leetch, Ed Lay, Justin Lockey, Elliott Williams e Benjamin John Power riempie visivamente e acusticamente la sala, dando anche ai vecchi brani un approccio nuovo che diventa evidente nel passaggio da Picturesque a In This Light and on this evening. Adagiarsi sugli allori e lasciare immutati i brani più amati dal pubblico sarebbe davvero facile ed è davvero apprezzabile il modo in cui ci sia un continuo plasmare in modo coerente e organico la propria musica, mantenendola sempre viva e attuale.

C’è sempre un momento in cui sul palco si assiste a un passaggio di consegne tra generazioni e chi è cresciuto all’ombra dei propri idoli li affianca e, in alcuni casi li supera. Bruce Springsteen ha dato la sua “benedizione” ai Killers di Brandon Flowers regalando un duetto indimenticabile con Dustland, canzone che sembrava fin dall’inizio nelle corde del Boss, e il gruppo ha sfornato uno dei migliori album dell’epoca pandemica con Pressure Machine in cui l’influenza del maestro del rock americano è cristallina, senza però mai permettere di viverlo nel migliore dei modi dal vivo e ritornando, con qualche gradita eccezione, alle sonorità di Imploding the Mirage e degli album precedenti in tour, avendo per giunta la possibilità di avere Johnny Marr come opening act e guest star speciale sul palco. Analizzando gli album degli Editors si potrebbero snocciolare tutti i nomi degli artisti di cui si può notare l’influenza nel corso degli anni, ma l’epoca EBM dal vivo riporta direttamente a metà degli anni ’90, all’indimenticabile tour immortalato nel Road Movie ’95 in cui i brani di Monster e, successivamente New Adventures in Hi-Fi, tanto criticati da buona parte del fandom, avevano ricondotto senza ombra di dubbio i R.E.M. alla loro versione del rock che, pur attingendo a sonorità a tratti grunge e punk, era assolutamente personale e inimitabile. Se Tom Smith & co inserissero a sorpresa una cover di I Took Your Name o The Wake-Up Bomb, i più giovani si renderebbero conto di non essere di fronte a un b-side del settimo album? Il dubbio sembra più che legittimo e fanno emergere altre due certezze: c’è bisogno di un Michael Stipe feat. Editors, o di un Editors feat. Michael Stipe, e di vederlo interpretare dal vivo, possibilmente più e più volte, e che venga immortalato in un album live che manca inspiegabilmente dalla discografia degli Editors, ora definitivamente usciti dall’ombra dei grandi che li hanno preceduti. L’evoluzione che ha portato il gruppo alla formazione attuale ha permesso di esplorare nuove direzioni che ha dato i loro frutti, conducendoli a un punto della loro carriera in cui non ha assolutamente nulla da invidiare a chi ha segnato la storia della musica.
Quello del Fabrique di Milano non è stato sicuramente il concerto migliore tra quelli italiani proposti dalla band dai tempi della sua formazione, ma ne testimonia l’ottimo “stato di salute” che potrebbe regalare davvero molte soddisfazioni.

UPDATE:

A distanza di un paio di mesi sembra doveroso aggiungere un update dopo il tour UK-Irlanda: la setlist è stata studiata meglio, le transizioni ora sono assolutamente più organiche (e il passaggio da Violence a No Harm è praticamente perfetto), ha fatto il suo debutto in scena Silence confermandosi come uno dei brani migliori degli ultimi anni, si è persa un po’ di leggerezza, si è guadagnato in atmosfera, i brani nuovi stanno trovando la propria dimensione dal vivo e sembrano attendere la dimensione festivaliera per esprimere tutto il proprio potenziale, e la formazione attuale sembra aver trovato l’equilibrio, non solo sonoro, ideale sul palco.

By B.P.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.